Il lockdown riporta l’attenzione alla rimodulazione della Supply Chain Globale per le imprese del manifatturiero che devono assolutamente risolvere la dipendenza da singoli paesi per l’approvvigionamento delle materie prime e per la realizzazione dei prodotti finiti. (Risk Management)
L’emergenza Coronavirus, diventata rapidamente una pandemia globale, è passata come un uragano che ha coinvolto persone e aziende di tutto il mondo, superando vincoli territoriali, finanziari e produttivi, causando il lockdown di intere Supply Chain.
Lo studio condotto dall’ISM (Institute for Supply Management, ( https://www.instituteforsupplymanagement.org/ )su un campione di 550 aziende e professionisti operanti nel mercato americano ed europeo ha rilevato che l’80% delle imprese da subito si aspettava un drastico rallentamento nei tempi di consegna dai paesi più colpiti. Aspettative confermate, poiché il 75% delle aziende ha registrato un forte impatto sulla propria catena di fornitura con tempi di consegna raddoppiati, principalmente per le merci e servizi provenienti dalle zone del mondo in maggior difficoltà. Il dato però più significativo emerso dallo studio è che oltre il 44% degli intervistati ha dichiarato di non avere piani aziendali per fronteggiare l’interruzione delle forniture dai canali tradizionali.
In questi mesi, le aziende del settore manifatturiero, si sono trovate da un giorno all’altro, con l’obbligo di bloccare le produzioni mentre chi invece poteva continuare, ha dovuto fronteggiare una forte crisi nelle catene di fornitura di semilavorati e materie prime. Diverse le situazioni che con impegno e ingegno sono state gestite, registrando però un inevitabile calo produttivo e conseguentemente di fatturato.
L’emergenza Covid-19 ha poi messo gli imprenditori e i manager davanti alla consapevolezza che la propria realtà aziendale non è isolata, ma si trova all’interno di una complessa e globale catena di approvvigionamento basata su equilibri sottili, dipendenti anche da fattori indiretti.
A questo punto resta da chiedersi. Cosa abbiamo imparato? Siamo preparati nel caso si presentasse ancora un’emergenza simile?
Quello che è cambiato secondo noi di Ally Consulting, è la necessità di espandere il controllo al di fuori del proprio ambiente aziendale, avendo una visione completa della Supply Chain basata su KPI definiti con l’obiettivo di adottare una gestione ponderata dei rischi d’impresa. Le aziende di medie e piccole dimensioni non possono essere impreparate e avranno la necessità di partner che li aiutino nell’Enterprise Risk Management (ERM) del modello produttivo, gestionale e organizzativo, ovviamente connessi al resoconto finanziario. Anche in questo frangente, la tecnologia può agevolmente supportare le realtà imprenditoriali moderne.
L’uso di un Sistema Informativo avanzato deve consentire di sfruttare appieno gli strumenti di monitoraggio e analisi predittiva sul modello di business dell’azienda. A questi strumenti si aggiungono le funzionalità di analisi (KPI, DataView e Balance Scorecard) indispensabili per poter valutare il rischio e adottare le azioni di mitigazione.
Con le funzionalità native dei principali sistemi aziendali, è possibile eseguire simulazioni preventive e consuntive con i dati raccolti dalle applicazioni e dai sistemi ERP rispettando i controlli impostati dai titolari dei processi aziendali. Importante è adottare una strategia data driven, in modo che sia il sistema stesso a generare avvisi e sia in grado di automatizzare la risposta al rischio prevista dal protocollo. Sarà così più facile gestire l’impatto finanziario delle emergenze dando priorità ai follow-up e monitorare i risultati.
Il ruolo di un System Integrator come Ally Consulting non deve però fermarsi al mero aspetto tecnologico, ma deve entrare nell’analisi dei processi e nella definizione del modello di business del cliente, distinguendo tra rischi interni (sicurezza, protocolli d’accesso e vincoli) ed esterni (mono fornitori, operatori logistici, dipendenza da mercati di zone a rischio), analizzandoli per redigere specifici protocolli di Risk Management. Questi protocolli, necessariamente si basano sullo studio dell’interdipendenza di ogni fattore, classificando il rischio in categorie secondo il tipo di impatto che possono avere sul modello organizzativo e di business, quali:
- Rischi strategici o di business, che modificano il contesto competitivo o il mercato dovendo così prevedere nuove dinamiche di vendita.
- Rischi operativi, che intervengono sul flusso produttivo limitandolo o interrompendolo, dovendo così prevedere, ad esempio, lavorazioni presso terzi nel caso di una rottura improvvisa della macchina o l’acquisto da fornitori diversi in caso di interruzione degli approvvigionamenti.
- Rischi Sanitari, che ledono la salute degli operatori di linea o dello staff, ponendoli nell’incapacità di svolgere il proprio lavoro o rendendoli pericolosi per gli altri.
- Rischi di supporto, che colpiscono i processi di supporto al business quindi legati all’assetto organizzativo, ai processi di controllo e ai sistemi informativi e di reporting.
- Rischi Legali, che derivano da scelte aziendali non conformi al rispetto dei regolamenti o delle leggi, nazionali e internazionali a cui l’azienda è tenuta a sottostare nello svolgimento della propria attività.
In conclusione, possiamo affermare che la resistenza agli eventi inaspettati è il risultato di preparazione e lungimiranza degli imprenditori. Situazioni straordinarie come quella che stiamo vivendo in questi mesi sono molto difficili da prevedere ma con piani di emergenza (Risk Management) e modelli ben strutturarti è possibile ridurre gli impatti sul proprio business.
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Paolo Aversa
Managing Director di Ally Consulting